PERUGIA – Ecco il testo della lettera che Giorgio Laliscia ha inviato all´ingegner Croce e, per conoscenza, al Responsabile del Dipartimento Endurance Aurelio Riera, al Consigliere Delegato per l´Endurance Federico Forcelloni e al Direttore Tecnico della Nazionale Federico Di MatteoCaro Presidente, riflettere e ragionare su ciò che è stato è il minimo che possiamo e dobbiamo fare dopo la trasferta francese. Altrimenti va a finire che la vittoria ha sempre molti padri e la sconfitta è orfana. Come è accaduto in occasione della trasferta vittoriosa dello scorso gennaio a Dubai, anche stavolta, allindomani di unesperienza tuttaltro che esaltante come quella di Compiègne, si impongono alcune considerazioni. Solo così ritengo che sia possibile lavorare per un effettivo e consolidato sviluppo dellendurance, senza che certi risultati corrano il rischio di apparire episodici, frutto di capacità personali, effetti di circostanze contingenti, e non il risultato della programmazione o traguardo garantito da una vera managerialità. La trasferta della Nazionale italiana della quale sia io che lUmbria Endurance Equestrian Team ci onoriamo di aver fatto parte ha dimostrato senza tema di smentita che la medaglia doro a squadre ai Mondiali è stata tuttaltro che capitalizzata. Su quel risultato sono stati in troppi a cullarsi, con effetti tangibili e dimostrabili non solo sul piano tecnico, ma anche dal punto di vista organizzativo e dellimmagine più in generale. Basti segnalarLe lassenza di prenotazioni alberghiere per i componenti della squadra e le rispettive assistenze, con atleti e tecnici costretti a rimediare in loco dopo la poco edificante scoperta, il rimborso spese irrisorio previsto per ogni cavallo, la carenza assoluta di divise per il personale di assistenza e la totale carenza di attitudine allorganizzazione riscontrata nei presunti responsabili della trasferta; autentica ciliegina sulla torta, ma forse diretta conseguenza di questultima lacuna, la presenza di alcun esponente della Federazione e della Nazionale alle premiazioni e alla cerimonia conclusiva dei Campionati europei open. Cè purtroppo poco da stupirsi, anche perché, fra laltro, si è avuta la netta sensazione che alcun componente dello staff azzurro parlasse e capisse le lingue ufficiali dello sport a livello internazionale, e quindi di conseguenza dopo i briefing poter o saper trasmettere le direttive.Altre, e addirittura ben più gravi e preoccupanti, le considerazioni che ci si impongono sul versante strettamente tecnico, per le quali ci basta ragionare su alcuni inconfutabili dati di fatto. Innanzitutto, il rapporto e le decisioni assunte dal direttore tecnico, assolutamente lontana da una condivisione di certe scelte con i responsabili e gli allenatori dei singoli cavalli: sullinserimento di Bantu de Zamaglia nel quartetto che avrebbe dovuto concorrere anche nella gara a squadre eravamo stati scettici noi stessi, che quotidianamente abbiamo il soggetto sotto gli occhi, segnalando invece la condizione di forma ottimale di Jamil Bello (gia due volte Campione del Mondo a Squadre a Dubai 2004 e Roma 2003). Ammesso che la logica di composizione del quartetto dovesse essere quella di evitare la cannibalizzazione dei posti da parte dellUmbria Endurance Equestrian Team, tanto valeva scegliere il cavallo più sicuro. Non a caso, Jamil Bello è stato il migliore degli italiani, senza però poter contribuire al risultato della squadra. Ciò che dobbiamo avere è la forza di ammettere che nel nostro settore manca completamente la pianificazione tecnica per soggetti di un certo spessore, che invece andrebbero seguiti e conosciuti nel dettaglio da parte dello staff tecnico della Nazionale. Al riguardo, si può anche ragionare sulla presenza nella classifica finale degli Europei di un cavallo italiano – Galax – (presente con la Nazionale Italiana ai Campionati del Mondo a Dubai) neanche selezionato per la Nazionale e quindi affittato dai proprietari alla squadra cilena. Il fatto preoccupante è che lattività, gli investimenti e le professionalità messi in campo dalle scuderie private non sono stati tenuti in considerazione da parte della Federazione. Quando ciò è avvenuto (Mondiali young riders 2003 con due binomi Ueet e uno del Team Origgi e Mondiali 2004 con due binomi del Team Origgi e uno dellUeet) sono arrivati anche i risultati, guarda caso massimi. Il nostro team, ci sentiamo nella condizione di affermarlo con forza e legittimo orgoglio, investe risorse importanti anche per la crescita e laffermazione del movimento. Riteniamo quindi di poter chiedere un confronto tecnico serio, anche perché nel nostro palmarès degli ultimi quattro anni possiamo onorarci di vantare 8 medaglie in competizioni ufficiali internazionali fra Europei e Mondiali, 4 campionati italiani e Trofei Unire Giovani Cavalli in varie categorie. Mi sono permesso di farLa partecipe di questa riflessione per portare un mio contributo allo sviluppo dellendurance e alla sua crescita effettiva, frutto di scelte importanti e figlia di programmi durevoli, continuando a constatare però, che purtroppo la Federazione nellEndurance continua ad investire risorse molto limitate rispetto ad altri settori. Improvvisare è ciò che non possiamo permetterci, pena unesistenza minima in un mondo che sta invece viaggiando a velocità sostenuta. Su quel treno non cè motivo che non ci sia un posto di riguardo per lendurance italiano.Cordiali saluti Giorgio Laliscia Presidente UEET